#AI Expert, recensione del libro
Condividi con:Una recensione del libro "AI Expert - Architetti del futuro", di Alessandro Giaume e Stefano Gatti, con un elenco delle cose che più mi sono piaciute.

Il libro giusto al momento giusto
Qualche giorno fa ho terminato la lettura di “AI Expert - Architetti del futuro”, il libro scritto da Alessandro Giaume e Stefano Gatti per Franco Angeli, un contributo che arricchisce la colonna “Professioni Digitali”, una raccolta di “libri agili, pratici e concreti, ricchi di consigli, casi studio, testimonianze e contributi di grandi esperti nazionali e internazionali, pensati per approfondire competenze specifiche e le metodologie più innovative.”
Questo libro parla di intelligenza artificiale, di data science e quindi di dati.
Pur essendo uscito poco più di un anno fa, è arrivato nella mia libreria solo ora, casualmente in un periodo davvero singolare sia per il momento storico che stiamo attraversando, sia per il mio personale percorso professionale.
Tornerò più avanti sul mio personale percorso professionale. Quanto al momento storico invece, è indubbio di come la pandemia in corso abbia messo al centro del dibattito quotidiano il tema dei dati, vuoi per monitorare la curva dei contagi, dei guariti o dei decessi, vuoi per discutere di privacy ed efficacia della ormai celebre app Immuni.
Dall’inizio di questo 2020, probabilmente senza rendercene completamente conto, i dati sono diventati il nostro pane quotidiano, talvolta la nostra ossessione (il bolletino della Protezione Civile delle 18:00 resterà un esempio da raccontare ai nostri figli e ai nostri nipoti) e sempre di più un tema che in modi più o meno evidenti determina parte della nostra quotidianità.
La politica si sta affidando ai dati per decidere le prossime mosse per contrastare il coronavirus e per prevenire i contagi. L’economia, oggi più che mai, scruta attentantemente gli andamenti delle borse, in un periodo davvero nero per l’intera economia globale. Le aziende che già facevano un utilizzo intenso dei loro dati chiedono ai loro tecnici di elaborarne di nuovi, magari con maggiore intensità e velocità, così da anticipare per quanto possibile alcune decisioni strategiche (in momenti come questo il tempo diventa un fattore decisivo), mentre anche le piccole realtà artigiane e le piccole e medie imprese, si trovano costrette a fare i conti con un po’ di analisi costi-benefici, laddove costrette a scegliere se continuare a lavorare così come come facevano pre-epidemia, oppure se innovare, per quanto possibile, alcuni aspetti del loro business.
Insomma: il libro, a poco più di un anno dalla sua uscita, arriva in un momento in cui tutti - e davvero tutti - devono fare i conti con i dati. Un anno fa questo libro era attualissimo, ma oggi lo è ancora di più, perché corre lungo un trend in piena crescita esponenziale.
Arriva nella mia libreria in un momento drammatico della nostra storia, ma proprio per questo non ho dubbi di ritenerlo il libro giusto al momento giusto.
Di cosa parla il libro
Il libro affronta il tema della crescente disponibilità di dati, e di come questa disponibilità rappresenti ormai un asset strategico verso cui le imprese (e non solo le imprese) devono necessariamente rivolgere la loro attenzione.
Il dato viene inteso come il combustibile che alimenta l’intelligenza artificiale, ed è per questo che il libro si configura (anche) come un piccolo manuale di consigli per diventare un AI Expert.
Dati e intelligenza artificiale vanno d’accordo grazie agli algoritmi, che in questo libro trovano ampio spazio di discussione, grazie a riflessioni molto attuali.
I temi ricorrenti di queste pagine sono dunque tre: i dati, l’intelligena artificiale e gli algoritmi.
Il libro si apre con un capitolo dedicato alla storia dell’intelligenza artificiale, dove in maniera sintetica vengono toccate le principali tappe dello sviluppo di questa disciplina, nata come oggetto di ricerca accademica agli inizi degli anni ‘60, per diventare, dopo una serie di arresti piuttosto netti (i famosi “inverni dell’intelligenza artificiale”), un’area dell’informatica pronta ad entrare a pieno regime nelle nostre case e nelle nostre vite.
Dopo questa parte più storica ed introduttiva si passa a ragionare sul tema degli algoritmi, di come questi si sono evoluti negli anni e di come, oggi, determinano l’approccio con cui un’azienda può muoversi con successo all’interno del proprio mercato di riferimento.
Interessante in questo senso il discrimine tra la gut-driven-organization (azienda guidata dalle sensazioni), rispetto alla data-driven-organization (azienda guidata dai dati).
Attraverso le pagine di questo secondo capitolo si prende consapevolezza di come un’azienda guidata dai dati possa godere di un ventaglio di opportunità decisamente maggiore rispetto alle aziende che ancora seguono un approccio per così dire “tradizionale”.
Il capitolo successivo è intitolato “Ruoli e competenze dell’AI expert” ed è in assoluto il capitolo che ho apprezzato di più. L’ambito “dati” sconta a mio avviso una grossa approssimazione terminologica. Di questa approssimazione ne risentono senz’altro le aziende che non sanno sempre di cosa davvero hanno bisogno, e i giovani professionisti che hanno intenzione di costruirsi una carriera in ambito data science. Questo capitolo mette ordine, e lo fa in maniera unica e preziosa rispetto alla maggior parte dei contributi che si possono trovare in rete o sulla carta stampata.
In queste pagine si apprende l’importanza del mestiere del data scientist, ma allo stesso tempo si mette in guardia il lettore rispetto ai rischi a cui si può andare incontro nel momento in cui si tende a mettere in un unico calderone competenze e ruoli diversi.
Comprendere la differenza tra un data scientist, un data engineer, un legal & security data expert e via dicendo, permette di organizzare meglio un eventuale “team dati” all’interno di un’azienda, bilanciando il carico di lavoro e assegnando i vari task che caratterizzano un flusso dati aziendale alle giuste competenze. In questo senso, comprendere il proprio raggio d’azione non va visto come un limite, ma come la possibilità di integrare competenze e ruoli differenti all’interno della stessa squadra in maniera armonica e logicamente consequenziale.
Il libro si chiude con un capitolo dedicato agli strumenti tecnici ed operativi di un AI expert, citando gran parte delle tecnologie e degli strumenti più attuali e diffusi del mondo della data science, prima di delegare alle ultime pagine un’opinione, da parte dei due autori, sul futuro del lavoro e sui progressi dell’intelligenza artificiale.
Cosa mi è piaciuto di questo libro
Ho apprezzato davvero molto questo libro per diversi motivi, che andrò a riportare per punti di seguito.
- Non è un libro retorico, ma anzi, è uno dei pochi libri che al decantare le mirabolanti meraviglie del mondo dei dati preferisce uno stile equilibrato, competente e documentato.
- Queste pagine aiutano a comprendere le enormi potenzialità che la data science e l’intelligenza artificiale possono oggi riservare alle aziende. Nonostante il mondo dei dati non venga, giustamente, descritto come la panacea di tutti i mali del mondo, è indubbio che il momento di massimo ritorno in termini di valore nell’utilizzare i dati lo abbiamo ora, in questa fase di crescita importante della disponibilità di dati e delle tecnologie di intelligenza artificiale.
- Il taglio del libro è concreto, operativo, pratico. Dalle pagine di questo libro traspare tutta la decennale esperienza aziendale dei due autori, che sanno mescolare con efficacia la teoria alle reali necessità del mondo del lavoro contemporaneo.
- Un ulteriore valore aggiunto del libro è dato da una serie di interviste molto interessanti, a persone che si occupano di dati e di intelligenza artificiale con ruoli e background diversi (gli intervistati sono Michele Barbera, Alberto Danese, Raffaele Mauro e Cristina Pozzi).
- Il libro tocca più volte il tema del capitale umano e del Lifelong Learning, a cui gli autori si riferiscono come il “dinamico destino dello scienziato dei dati”, ad intendere non solo il carattere dinamico di questo settore (dinamicità che a mio avviso rappresenta un plus di questo lavoro), ma anche l’esigenza di aggiornarsi e di studiare in continuanzione, consapevoli di essere lo spicchio più veloce (il mondo dei dati) di una scienza già velocissima (l’informatica). Questo dev’essere un punto ben chiaro a tutti i professionisti che lavorano nella data science. La formazione continua e la multidisciplinarietà rappresenteranno, assieme a solide competenze tecniche, il vero asset del data scientist di domani. A tal proposito riporto un piccolo estratto dell’intervista fatta a Michele Barbera in cui dice: “ci servono data scientist e data engineer colti, motivati e soprattutto curiosi di esplorare e conoscere mondi diversi da quelli ai quali sono abituati e quindi anche dotati delle soft skills necessarie per avventurarsi in queste esplorazioni assieme ai clienti”.
- Ho apprezzato (solo col senno del poi, lo ammetto) le pagine in cui gli stessi autori mettono in discussione l’importanza dei data scientist (o di ruoli affini) nel prossimo futuro, dopo averne descritto l’importanza in tutte le pagine precedenti. Gli autori infatti scrivono: “non è difficile pensare che anche lavori oggi particolarmente ricercati e rari come il data scientist - in questo momento ne mancano 85’000 solo in Italia, nel tempo possano diventare virtualmente “inutili” perché le caratteristiche premianti e i contenuti delle attività potranno essere svolti da algoritmi evoluti. […] È fuor di dubbio che quello del data scientist oggi si confermi in pieno “il lavoro più sexy del XXI secolo”, come Thomas Davenport predisse in un famoso articolo scritto a quattro mani con D. J. Patil e apparso sulla Harward Business Review nel 2012. […] Eppure, è molto probabile che l’evoluzione che si sta già prospettando per i contenuti del lavoro del data scientist provocherà un profondo cambiamento nel mercato del lavoro forse ancora prima che il problema della shortage delle risorse venga risolto.” Questo estratto invita quindi il lettore a non adagiarsi sugli allori, consapevole che pur padroneggiando un mestiere ad oggi molto richiesto, questo è inevitabilmente destinato ad evolversi e quindi a cambiare nel prossimo futuro.
- Ho apprezzato un filo rosso non necessariamente sempre esplicito lungo tutte le pagine di questo libro. Questo filo rosso mette sempre al centro l’essere umano, la sua creatività e la sua empatia, difficilmente riproducibili dall’intelligenza artificiale che conosciamo oggi. Anche su questo gli autori supportano il ragionamento con diversi esempi concreti, e a tal proposito ve ne riporto uno dei tanti: “è il caso della startup italiana MDOTM, che utilizza l’intelligenza artificiale per definire strategie di investimento. L’attività di questa startup inizia raccogliendo e analizzando i big data generati ogni giorno dai mercati. Questi dati vengono poi utilizzati nel training delle reti neurali degli algoritmi per estrarre informazioni di valore che aumentano la capacità decisionale umana. Questo paradigma di “augmented intelligence” - scrivono gli autori - è sempre più presente nella filiera del credito dove ad aziende e persone viene associato un credit scoring da algoritmi automatici, ma la decisione finale di dare credito viene ancora influenzata dai Credit Manager, spesso sulla base di considerazioni non sempre inseribii in logiche algortimiche.” Sottoscrivo questa idea di “intelligenza aumentata” accennata dagli autori, che alla noiosa seppur legittima questione “intelligenza artificiale contro intelligenza umana” propone una “prospettiva collaborativa”, in cui non solo le due forme di intelligenza possono coesistere, ma in cui la prima aiuta e potenzia la seconda.
- Infine, per me che da un po’ di tempo mi appresto a muovere i primi passi nel mondo della “scienza dei dati” in diversi contesti professionali, questo libro ha rappresentato un prezioso compendio per mettere ordine a tematiche che di certo non mi erano sconosciute, ma che in queste pagine sono presentate con una efficacia e una competenza davvero non scontata.
Ritengo che queste pagine vadano fatte leggere a tutti gli studenti universitari e a tutti i giovani “data lover” professionisti, che si stanno facendo strada in questo ambito decisamente complesso, ma proprio per questo affascinante e “challenging”.
Il mio augurio è che dopo aver letto questo libro provino lo stesso stimolo a mettersi in moto e lo stesso entusiasmo che ho provato io. Credo che per molti versi la data science e l’intelligenza artificiale stiano vivendo la loro fase preistorica, e noi, di conseguenza, non siamo che gli esseri primitivi di questa epoca. Così come l’Homo erectus, quasi due milioni di anni fa, comprese come utilizzare il fuoco a proprio beneficio, anche noi, oggi, allo stesso modo, dobbiamo capire come trarre il massimo beneficio da dati e intelligenza artificiale.
Un grazie agli autori per il lavoro fatto e un saluto particolare a Stefano, con il quale ho avuto la fortuna di fare un piccolo pezzo di strada assieme qualche anno fa.